San Pietro decide stamane di svegliarsi con noi e scarica
alla partenza un temporale con i fiocchi.
Acqua a catinelle... e non sembra sia passeggero.
Nicola suggerisce di partire senza antipioggia "poi tanto è caldo e
quando smette ci asciughiamo"... dopo 15 minuti siamo già zuppi ovunque.
Io e Mario ci fermiamo a mettere l'antipioggia, Nicola fa
senza.
Dopo circa 150 Km smette e torna il sole.
Arriviamo a Humaità 200 Km dopo Porto Velho, è l'ultima
città sulla BR 319 e l'ultimo punto dove poter fare rifornimento
Ci fermiamo in una area di servizio, compriamo una tanica extra
da 25 litri e ridistribuiamo i bagagli tra di noi.
Ci faccio un buon caffè italiano e ripartiamo.
Dopo pochi Km finisce l'asfalto e inizia uno sterrato asciutto
e praticabile se non per le continue buche in successione ogni mezzo metro che fanno vibrare tutto sulla moto.
Dalle vibrazioni sembra che la moto si disintegri in ogni
istante.
Troviamo i primi ponti in legno (ve ne sono 47), sono
ben fatti e ben percorribili con l'asciutto.
Tra me e me penso che sarà dura fare oltre 700 Km su questa
pista sia per noi che per le moto ma alla fine mi dico, la BR 319 in questo
periodo dell’anno (stagione secca) è fattibile in moto, allo stesso tempo sono fermamente
convinto che non lo sia assolutamente nella stagione delle piogge:
Il terreno è una specie di argilla rossa che con un po’ di
acqua pressata dalle ruote dei Tir, diventa una vera pista di ghiaccio.
A velocità media di circa 40-50 Km orari, dopo quasi tre ore e solo 130
Km fatti, ci fermiamo in un posto dove vendono bibite e conosciamo un
camionista che con la moglie sta percorrendo la Br 319 da Manaus verso Porto
Velho.
Ha fatto una consegna a Manaus proprio del Tambaqui.
Ha forato Mario
con me, lo aiutiamo a rimontare le ruote di scorta
Riprendiamo cammino cercando aumentare la velocità ove possibile ma è un inferno di buche in successione e rischiamo veramente di
rompere i cerchi anteriori finendo in qualche avvallamento.
Incontriamo un gruppo di motocilisti di Manaus su Yamaha:
ci fermiamo per conoscerci e fare amicizia.
Loro ci regalano gli adesivi del loro club, noi non avendo
nulla, mettiamo su la Moka e gli offriamo un caffè italiano ben apprezzato
Verso le 16 ci fermiamo in una Pousada, l'unica su questa
strada dove si può trovare qualcosa da dormire, ma purtroppo è piena.
Rimaniamo indecisi su cosa fare, io propongo di montare tenda in
cortile ma fa caldissimo (35 gradi) e siamo in viaggio dalle 7 del mattino.
Ci informiamo e sembra ci sia un'altra struttura più avanti tra circa 100 Km (in realtà poi erano 140 Km): l'ultimo pezzo percorso era più veloce per cui rischiamo il Jolly e procediamo.
Due errori: il primo che la notte viene prima rispetto ai giorni scorsi e il secondo l’incognita meteo.
La notte si avvicina e noi procediamo spediti sugli 80-90 Km ora.
Quando sta per imbrunirsi dei camion in senso contrario ci fanno i fari e suonano come per segnalarci qualcosa; non ci facciamo caso e procediamo vedendo però un orizzonte nero.
Il nero continua ad avvicinarsi e inizia la pioggia, non faccio in tempo a rendermene conto che dinanzi a me vedo Nicola ondeggiare e mettere giù i piedi.
Ci provo anch’io ma inutilmente, l’anteriore non sta mai diritto e i voli non si contano -per fortuna a basse velocità-
Arriva buio pesto, una pioggia torrenziale e non c’è nemmeno un piccolo spiazzo per montare la tenda.
Ci fermiamo per deciderci sul da farsi: la Pousada dovrebbe essere al massimo tra 40 km, sono le 17.45 e non possiamo fare altro che provare andare avanti in qualche modo.
Avanziamo in prima marcia, a passo d’uomo, spesso con piedi a terra per bilanciarci.
I ponti, che erano un gioco fino poche ore fa, sono ora un incubo: le assi di legno bagnate e le nostre gomme intrise di fango ci obbligano a passare spesso in due: con uno a piedi che accompagna.
La pioggia non cessa e siamo sfiniti, senza ombra di dubbio sono stati i 40 km di strada più lunghi della mia vita.
Alle 21 vediamo le luci della Pousada e gridiamo di gioia
Quando ci vedono arrivare gli facciamo pena; questa Pousada non ha camere ma acconsentono a lasciarci dormire per terra, al coperto sotto la tettoia
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